Quello della privacy e della sicurezza dei dati in rete è un tema piuttosto delicato: da una lato si trova il cittadino, i cui dati personali devono essere tutelati, sul lato opposto si trovano invece gli interessi che coinvolgono più parti e riguardano sia la sicurezza nazionale, sia gli interessi più commerciali delle aziende.
Occorre pertanto trovare una mediazione tra le parti, anche se si iniziano a registrare segnali volti ad individuare una soluzione, come il “Digital Advertising Alliance”, che sanciscono alcune norme di autoregolamentazione per la pubblicità su mobile.
Certo è che la quantità di dati che circolano in rete è impressionante. Molti di questi dati sembrerebbero essere impersonali, non associabili agli individui, in quanto si tratta di file scaricati dal web, email o anche documenti in word privi di dati sensibili. Molti altri, invece, sono di natura più personale: si tratta, infatti, di informazioni richieste esplicitamente per potersi creare un profilo su una qualsiasi piattaforma che rilascia servizi personalizzati (da Google, a Facebook e a tutti i social network).
Queste informazioni vengono rilasciate dagli utenti spontaneamente ma spesso inconsapevole del fatto che, per quanto siano dati apparentemente disaggregati tra loro, sono però facilmente riconducibili alla persona a cui si riferiscono, consentendo ai vari algoritmi di ricostruirne in modo dettagliato il profilo socio demografico, le abitudini e le preferenze, rilevando eventuali malattie o devianze.
Per capire la facilità con cui i software sono in grado di riaccorpare le informazioni basti pensare, ad esempio, alla tracciabilità dei nostri comportamenti in rete: quando si effettua una ricerca mediante Google, questo motore di ricerca è in grado di suggerire le parole chiave più ricercate da altri utenti (di cui ne ha conservato traccia), proprio grazie alla funzione Autocomplete. E ancora. Facebook, con il suo motore di ricerca interno Search Graph, consente di trovare persone, foto, interessi e luoghi di amici e conoscenti iscritti a questo social network (non necessariamente amici tra loro), proprio in base alle informazioni rilasciate e ai like espressi.
In aiuto ai naviganti del web è intervenuta una società di software, la quale ha progettato un nuovo browser, Epic , in grado di preservare la privacy degli utenti e di bloccare i cookie che vengono installati quando si visitano i siti.
Nell’homepage di Epic si evidenzia fortemente proprio il timore di lasciare involontariamente informazioni e dati personali, che vengono carpiti e utilizzati impropriamente dalle società: dall’immagine di un inseguimento di fantasmi che ti pedinano attraverso la rete, seminando il tuo computer di spie-file che registrano minuziosamente i tuoi spostamenti, Epic passa alle diverse tecniche adottate per tracciarti. Sottolinea poi come gli utenti vengano considerati una sorta di prodotto in attesa di essere venduto al mercato pubblicitario: non appena si accede al browser, si viene radiografati nell’intimo e la propria vita privata viene derubata.
Fortunatamente, un bel tasto rassicurante blu ti invita a scaricare Epic … “ADESSO” (prima che sia troppo tardi)!
Una volta installato (al momento solo su Mac e PC) si apre il nuovo browser , che esteticamente ricorda molto la versione precedente di Chrome: infatti è basato su Chromium, il web browser open source, da cui deriva Chrome. È pertanto semplice ed intuitivo. All’apertura di una nuova scheda propone le icone dei siti che hai salvato per un accesso immediato e suggerisce nel footer (la barra a fondo pagina) quanti cookie di terze parti e quanti file per la tracciabilità sono stati bloccati.
Ma come funziona Epic?
Sempre pronto a difendere la tua privacy (non si deve attivare solo su esplicita richiesta), Epic ha individuato 11 punti deboli, su cui è intervenuto:
Barra degli indirizzi:
1. Non suggerisce alcuna URL nella barra degli indirizzi
2. Non controlla gli URL
3. Rimuove la traduzione automatica
4. Non tiene traccia della cronologia degli indirizzi web digitati
Rimozione della tracciabilità:
5.Rimozione dell’ID d’installazione
6. Rimozione del numero di rintracciabilità dell’RLZ (il numero identificativo dell’installazione di Chrome, con cui Google tiene traccia di alcune informazioni a scopi pubblicitari)
7. Rimozione dell’aggiornamento automatico
8. Rimozione delle date di installazione dei software
Rimozione della tracciabilità degli errori:
9. Nessuna pagina alternativa di errore
10. Nessun suggerimento per gli errori di navigazione
11. Nessun report di errore.
E ancora. Uno spinotto nella barra di digitazione dell’url consente anche di nascondere o di lasciare rintracciabile il proprio indirizzo IP: se è verde e chiuso, allora l’indirizzo IP è nascosto ed è precluso l’accesso dei cookie che consentono ad un sito di sapere attraverso quali parole chiave si è giunti fino a loro. Qualora lo spinotto fosse invece aperto e rosso, l’IP sarebbe rintracciabile.
Se invece visiti un sito e non funziona? Probabilmente occorre impostare una diversa configurazione per questo sito: si clicca pertanto sull’icona con l’immagine dell’ombrello e si modificano alcune impostazioni di base, fino a che il sito si carica.
Il costo da pagare per poter godere della propria privacy prevede una maggior lentezza nel caricamento della pagina in primis; nella correzione manuale gli errori di digitazione; nel ricorrere alla nostra creatività per individuare combinazioni di parole chiave utili per individuare esattamente l’oggetto della nostra ricerca. Inoltre, ci tocca digitare interamente gli indirizzi web, i codici ID, le password, insomma, tutto quanto e tutte le volte: Epic, infatti, non tiene traccia della cronologia, della cache; non salva password e non suggerisce nulla. Alla chiusura del browser, infatti, Epic pulisce in profondità qualsiasi traccia abbiamo lasciato.
Articolo scritto da Simona Tovaglieri